Per Ermanno Scervino la bellezza è una ossessione imprescindibile. Il suo lavoro la celebra senza sosta e con adamantina convinzione, qualunque sia la temperie, ovunque si muovano le voghe del momento. Non ci sono formule, se non una ricerca della più squisita manualità che è espressione di bello anche essa, e un gusto per i contrasti che descrivono ogni volta nuove armonie. Perché il bello è certamente una idea assoluta, che si evolve però in relazione ai tempi.
La bellezza che Scervino celebra è di qui, di ora: è radicata nel presente, senza nostalgie. Questa stagione nasce dal dialogo tra la rarefazione e il preziosismo della couture e il mondo dello sport. Dalla crasi di questi due opposti apparenti, come dal sempre vivo confronto tra le forme del maschile e del femminile, nasce una proposta che parla dell’attualità del vestire, dell’abbattimento progressivo di barriere e protocolli, senza rinunciare a ciò che la mano può fare trasformando la materia, decorandola, plasmandola sul corpo muliebre.
Un corpo che questa stagione svetta su alti tacchi o sulle suole massicce di stivali morbidamente marziali, fasciato dentro tubini di pelle, abiti corti di velluto o pizzo, protetto da ampi cappotti, piumini, giacche di shearling dai volumi avvolgenti percorsi da bagliori serici o brulicanti di ricami di ciniglia che creano effetti tattili. Tailleur doppiopetto di velluto disegnano silhouette grafiche che si fanno voluttuose nei lunghi abiti scintillanti di paillette, nelle sottovesti di pelle. La tensione degli opposti è reiterata come un inequivocabile segno di stile: il pizzo è intagliato nella pelle, bustini e brassiere sono indossati con i suit mascolini, abiti impalpabili sotto grandi parka. Sete, pizzi, lane, pelli si amalgamano dando al dialogo di opposti una consistenza materica esalta dalla palette che affianca ai neutri, al nero e al bianco toni accesi di pervinca, turchese, verde, rosa.
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