Creatività, estro, arti figurative: incontro con il couturier Domenico De Santis

Appuntamento con Domenico De Santis, fashion stylist, nel suo atelier romano, fervido laboratorio di idee, tendenze e creatività all’ombra del Cupolone; pareti tappezzate di figurini e scrivanie ricolme di bozzetti e campioni colorati fanno da scenario ad una chiacchierata estemporanea con un giovane interprete italiano della moda internazionale.

Il linguaggio della moda puo’ essere definito universale. Da un lato le tendenze, gli stili si propagano in un lampo in tutte le parti del mondo.  Da un altro versante la moda resta esclusivo appannaggio di pochi. E non solo per ragioni di budget. Come concilierebbe questa dicotomia?

Concordo sul fatto che non è solo una questione di budget. Ma il vero problema secondo me è che le donne di oggi hanno troppi vestiti di varia provenienza e il loro stile personale è stato divorato dal sistema perché non hanno il tempo di crearsi un’immagine tutta loro. Cambiano aspetto così spesso che non si sa più quale sia la loro vera personalità. Ecco, direi che lo stile dovrebbe essere il frutto di una ricerca costante, di una maggiore consapevolezza di sé.

Mi descriva in una battuta la sua personale idea di moda.

Citando Carine Roitfeld (ex direttore di Vogue Paris) dissacrazione delle convenzioni borghesi, rimanendo nel pieno del canone borghese. Perché altrimenti a chi si vendono poi i vestiti?

Per  Valentino l’eleganza è “l’equilibrio tra proporzioni, emozione e sorpresa”. Per lei cosa significa eleganza? E’ cambiato nel corso della sua carriera il suo modo di vivere questa ‘condizione’, o ricerca, e di esprimerla concretamente nella realizzazione dei suoi abiti?

Bisogna tener presente che Valentino ha vissuto gli anni d’oro della moda e che i tempi sono cambiati. La moda di oggi deve necessariamente essere un compromesso tra i rigidi diktat del passato e le nuove esigenze della donna contemporanea. La vera modernità, che poi è la mia filosofia, è saper creare prodotti belli che rendono facile la vita di chi li usa.

Come nasce in lei l’intuizione creativa?

Viaggiando molto e osservando molto ho imparato ad assorbire le culture differenti, ad interiorizzarle, senza opporre muri. Quest’atteggiamento mi ha fornito le chiavi per accedere a questo melting pot  e a decodificare le mie intuizioni .

C’è un elemento, un particolare ricorrente, un tratto distintivo al quale non potrebbe mai rinunciare nell’ elaborazione  delle sue creazioni?

Sicuramente la femminilità, perché non amo la donna androgina in pantalone e giacca per intenderci. Il fil rouge delle mie creazioni è sicuramente una femminilità discreta, un’eleganza che parte dalla ricerca sui tessuti e si concentra sui dettagli.

Quanto l’Arte figurativa influenza la sua personale concezione del colore e delle forme?

Spesso la moda si è fatta descrittiva o figurativa come nel caso del surrealismo in Schiaparelli, o Matisse in YSL, o più recentemente Mondrian riconoscibilissimo in Fendi e ancora Lucio Fontana in Jil Sander. Direi una falsità se affermassi di non esserne stato influenzato nel mio personale percorso creativo.

Quali artisti o correnti artistiche influenzano o hanno influenzato il suo approccio al momento creativo?

Sicuramente Calder per la forza e l’evidenza del colore. Per quanto riguarda il cinema ho sempre avuto una passione per  Hitchcock e confesso di aver subito il fascino e la seduzione dell’algida eleganza delle sue muse come Grace Kelly e Tippi Hedren.

Alta sartoria, manifattura e materiali di qualità. Quale l’ingrediente che fa diventare tutto questo moda?

Direi un fortunato ed incidentale amalgama di elementi. Ma anche la coerenza, la leadership di un gusto che determina vere e proprie svolte stilistiche.

Stile, fashion, look:  imprenditoria o esigenze di creatività?

La metterei su questo piano: il momento di grande crisi economica che stiamo attraversando con difficoltà enormi in Italia e a livello mondiale soprattutto per chi ha un’impresa, si può tradurre in un opportunità per porsi di fronte a nuove sfide creative.

Che cosa significa per lei il successo e come e quanto interagisce nella sua vita personale?

Pochissimo. Prima regola: il successo non cambia ciò che sei davvero nel bene e nel male. Seconda regola: non sottovalutare mai chi oggi non conta nulla. La ruota può sempre girare e spesso lo fa. Tutto inizia e finisce, è  l’alternanza delle fortune. Credo sia importante cercare di dare sempre il massimo anche quando non si è nessuno, seguendo l’istinto e la passione. Quello della moda è in particolare un mondo che risponde a codici precisi fatto di luci ma anche di profonde ombre. Io sono consapevole della precarietà delle cose umane.

Secondo lei, può la moda avere un ruolo di avvicinamento ed integrazione fra popoli e culture diverse.

Credo proprio di sì. La moda italiana in particolare per via della sua leadership, potrebbe svolgere un’ opera di formazione e costruzione del gusto per i popoli che vogliono vestire all’occidentale. Credo che molti paesi siano pronti a recepire certi messaggi, più di quanto pensiamo. Naturalmente, lo sguardo di un certo occidente, e dell’Italia in particolare, è limitato alla miopia dei luoghi comuni che esaltano alcuni aspetti culturali o religiosi di altri popoli ma ne ignorano le potenzialità.

“Made in Italy” significa moda, ovviamente, ma anche musica e fine food: quanto della tradizione italiana costituisce secondo lei l’elemento distintivo così ricercato dal resto del mondo?

Direi tanto. Essere italiani è avere sicuramente un valore aggiunto. Da sempre nel mondo siamo ammirati per il nostro gusto, dalla moda all’enogastronomia.

Le città che descrivono la sua personale geografia umana e professionale.

Parigi perché offre infiniti spunti, ispirazioni e per il senso del bello da cui si è letteralmente investiti ma anche per la forte energia che si respira nei front row delle sfilate. La New York degli anni ’80 invece per la sua indole anticonformista e ribelle aperta a nuovi fermenti underground.

Se fosse possibile viaggiare nel tempo, in quale epoca storica vorrebbe vivere?

Nei primi anni ’50, quando Dior e Balenciaga cominciavano a dettare le leggi della moda immettendo continuamente sul mercato nuove idee, creando un’attesa ed una tensione continua.

Mi può accennare il tema, il soggetto se è identificabile, della sua prossima collezione?

Trasparenze e intagli con materie contrapposte. Giacche in tecno-tessuto a rete o in pelle la serata  abbinate alle trasparenze degli abiti di seta plissettata e organza.

di Claudia Bilotti – Augsdörfer©

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