Un cappello…per amico

 

Vedi Charlot che lo rimbalza, i ragazzacci di “C’era una volta in America” che continuavano ad indossarlo anche da gangster e le ‘divine’ coi brillanti alle mani e perle al collo, che tanto facevano la‘Garbo’. Una moda, un must? Si, all’ippodromo di Ascot il copricapo è d’obbligo e, più eccentrico è, più è osservato. Ricordate le figlie dellaFerguson – che splendore di donne, ma…da chi hanno preso? – all’ultimo matrimonio reale, che meraviglia di fanciulle erano coi loro tacchi alti e ‘montature’ in testa?

Signori carissimi, diamo  anche noi il giusto omaggio a tal accessorio visitando la mostra  alla Galleria del Costume a Palazzo Pitti  per “Il cappello tra arte e stravaganza”. Cappelli  talmente belli e particolari, che andrebbero indicati gioielli d’arte tanta è la cura che li circonda.  Sino al 18 maggio del 2014, è possibile osservare l’alta creatività di questi complementi che talvolta appaiono buffi, essenziali, ma anche straripanti come quello di Ferrè  che quasi “li abbraccia tutti”. Però son deliziosi, tutti, così sontuosi e pieni di grazia, che Marina Ripa di Meana, non esiterebbe ad indossarli  uno sopra l’altro,qual maniaca dell’eccesso. La sorpresa è quella d’osservarne il taglio spigliato,  audace, birichino, ma anche piumato, leggero come la nuvola, ricco di glamour come quello – quelli ! –  di foggia maschile così intriganti, che sarebbero adatti anche “per far l’amore!”

A questo punto è  doveroso citare le firme di questi piccoli capolavori che rispondono ai nomi di Givenchy, Prada, Saint Laurent, Dior…nonché di altri  modisti dai nomi meno altisonanti ma non per questo meno ricchi di grazia ed estro: avanzano quelli di Paulette, Reboux in un corollario  di manifatture artigianali della nostra penisola sempre così tanto copiata, con occhio di riguardo verso quella fiorentina capace d’evocar istintivamente “Il cappello di paglia di Firenze” tra l’altro ‘contributors come consorzio, della bella mostra. Il ringraziamento è d’obbligo  nei confronti dei privati che hanno così bene contributo a realizzare il tutto, ed anche verso quella ‘tipa’ altamente eccentrica  e di gran personalità-  Cecilia Matteucci Lavarini – grande collezionista di haute couture.  

E’ vero che gusti e costumi – o viceversa – sono legati inesorabilmente ai mutamenti delle nostre epoche, come è vero che la moda si ripete  riproponendo di conseguenza i fasti e gli splendori di epoche passate. Talvolta tal copricapi possono essere orpelli, per carità! ma  anche specchio di quei  movimenti Liberty e del Futurismo, d’ineguagliabile  storia.

 Ricci e capricci? No, cappelli e capricci, come quei bei baschi che donano così tanto, quelle velette enigmatiche, quelli a cloche e…quelli che tengono calduccio!

La soprintendente Cristina Acidini…” Parliamo d’un accessorio  che non ha assolutamente niente di riduttivo, che nel giusto contesto,è tutto meno che frivolo, che ha un suo preciso significato storico e sociale e che più d’una volta è stato – e continua – ad essere preso a modello persino nelle vignette,  in un  connotato particolare, diciamo anche altamente stravagante, ove le signore ben aggiustate, lo aggiungono qual buon complemento al loro look. E’ basilare pertanto osservarne l’alta manualità, manufatti d’altissimo volume, che solo sapienti mani, possono concepire.”

Un famoso stilista è solito osservare che: “ Il cappello deve essere d’ottima fattura, le scarpe d’alta qualità e…il vestito? Il vestito cherie è solamente l’accessorio…!

I più curiosi  in questo momento  che, guarda caso ‘entreranno’ nel trentennale della Galleria del Costume, saranno pure  attratti  da quei simpatici bozzetti realizzati di proposito per la mostra del grande Lattuada, Alberto Lattuada: eccelsi disegni  degli anni ’50-’60 che uscirono dalle mani del modista romano Clemente Cartoni. Anche stavolta i tipi della ‘Sillabe’ edizioni, hanno creato un bel volumetto, “Il cappello the hat” con copertina  fucsia ‘roseata’, che ben invita a sfogliarlo. Info: www.cappelloinmostra.it – 055- 29.03.83.

Concludiamo in un galoppo di fantasia verso quel sombrero: “Piccola, sei mia, chiudi il gas e vieni via!” o, meglio ancora, con la visione cinematografica di quel tenebrosissimo Bogart  mentre strapazzava l’altera Laureen Bacall. Anche lì il cappello era d’obbligo e, soprattutto ben calato. Non sono certamente poche le sfumature che si prestano a tali ‘giochi’ e, d’altronde, raccogliere il fazzoletto dell’amata o il bel cappellino è segno d’amore, di cortesia, giusto? e allora?

Allora chapeu! 

di Carla Cavicchini

 

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