Renata Rigutini: tra arte, cultura ed un pizzico di mondanità

“L’elaganza è una diretta conseguenza della misura e della sobrietà”.

E’ proprio con questa frase che vogliamo presentarvi la nostra intervistata. La incontriamo nella sua bella casa, immersa nel verde della campagna romana, Renata Rigutini, classe 1917,  acuta testimone, oltre che animatrice ed osservatrice discreta, della società romana a partire dagli anni trenta, tra arte e cultura. Con un pizzico di mondanità.

Renata ha respirato appieno i fermenti del secolo xx “Se immagina che io sono nata un anno prima della fine della Prima Guerra Mondiale. Ho studiato dalle suore, prima a Roma e poi  dopo un periodo fiorentino a Napoli: erano anni felici, ricchissimi di stimoli culturali. Il fascismo?  Per molti di noi, fortunati, un’ombra, solo di sfondo. La grande contraddizione degli anni trenta, anni davvero ruggenti, tra dissenso e connivenza. Guardi all’arte figurativa: penso a Sironi, Carrà, Casorati, Scipione, Martini, Lega, Viani ed ancora immagini Gio’ Ponti, l’ inventore del design, ma anche Nervi, Tarragni o Piacentini.  O alle intuizioni come la Biennale di Venezia, alle Quadriennali di Roma. Erano tempi difficili ma ricchissimi di fermento. Lei ha mai letto le riviste Solaria o Campo di Marte? Preistoria, vero?

Da bambina sognava di fare il medico, precisamente il chirurgo “sarà stata anche l’ influenza di mia madre, Ida Vittoria Farsetti, che era giovane assistente, ai tempi, di Mengazzini nella clinica psichiatrica romana“.

Trascorre il suo tempo in letture (o riletture): recentemente ha per le mani le poesie di Cardarelli, di Montale e dell’ intramontabile Trilussaper me non sono solo nomi della letteratura, ma persone che ho conosciuto, ammirato e anche frequentato. E i versi di Lorenzo Stecchetti, amico di mio padre. Ascolto musica e cerco di essere nel mondo di oggi il più possibile. Ho anche una pagina sul Facebook. Anche se la vita dei ricordi incombe su quella reale. Noi siamo dei superstiti. Guardi questa città: e chi la riconosce più? Dove sono quei punti di riferimento, quei luoghi fisici, quelle consuetudini nelle quali si è identificata la mia generazione? Come dicevo prima, usciti dall’ infatuazione dannunziana ( ricordo che erano le mie letture giovanili proibite) vivevamo in una città ricchissima di spunti e stimoli culturali. E di frequentazioni. Una Parigi del sud. E poi ancora gli anni del boom. Non sono stati solo frigoriferi, giardinette e vacanze al mare. Il Premio Strega della Bellonci, tanto per dire, gli Amici della domenica, un coté di fertile riconciliazione e integrazione con il mondo civile“.

Il tuo personaggio storico preferito?

Matilde di Canossa e Federico II di Svevia (ma anche Caterina de’ Medici….). Mentre sarei voluta essere madame Curie.

C’è una persona della tua famiglia a cui sei legata?

Io ho vissuto consapevolmente nell’orbita della discendenza di Giuseppe Rigutini, il mio trisavolo, già Accademico della Crusca, filologo insigne, (tenne la cattedra di Filologia classica alla Scuola normale di Pisa) che ha dato al mondo della cultura letteraria italiana di fine Ottocento, tra Pascoli e Carducci, contributi tuttora validissimi. Ai miei tempi in tutte le scuole si usava il vocabolario di italiano Rigutini-Fanfani. E il suo vocabolario di greco antico al ginnasio,  prima che uscisse quello del Rocci. Fu compilatore con Bulle anche del Vocabolario di Tedesco e di diversi manuali di retorica, nonché curatore di crestomazie e commenti alle opere di Tito Livio, Cicerone etc. Sono libri e testi che tuttora mi ritrovo con piacere a sfogliare. Perciò, quello letterario e linguistico è sempre stato per me un canale preferenziale, familiare ( in tutti i sensi, direi).
L’insegnamento familiare che utilizzi nella vita di ogni giorno

La disciplina e la lealtà con sé stessi e verso gli altri.

Cos’è per te la bellezza?

Armonia ed equilibrio: tutto il resto è orpello.

Che rapporto hai con l’arte.

Ottimo: mi ripeto. Ho avuto la fortuna di conoscere personaggi come Schifano, Afro, Burri, De Chirico e Savinio, e frequentare la Bucarelli, Argan, Brandi. Periodi bellissimi. Ho incontrato la prima volta colui che sarebbe divenuto mio marito, uscendo dal Museo di arte Moderna, dove avevo l’abitudine, appena potevo, di trascorrere intere giornate. Ed ho proseguito a farlo fin tanto che ho potuto, portando con me prima i figli e poi i nipoti.
Che posto occupa nella tua vita l’amicizia.

Un buon posto anche se i miei amici storici, purtroppo sono ormai mancati. Fino a qualche tempo fa ancora godevo della presenza fisica di persone come Scheiwiller, la de Giorgi, la Suso Cecchi d’Amico, Eva Magni, Giulietta Simionato, che ho ritrovato a distanza trent’anni, dopo che c’eravamo frequentate ‘formalmente’ con mio marito Cesare quando viveva a Roma sposa del Professor Frugoni e  la cara Maria Giacinta Napolitano. Adesso incontro la nuova generazione, amici di mia figlia o ammiratori di mio nipote Marcello.

La città in cui ti piacerebbe vivere, spiegami il motivo.

Roma. Io sono nata al quartiere Parioli, prima che diventasse “I Parioli”: pochi villini, sparsi qua e là e le persone dicevano a mio padre “Sei andato a vivere in campagna?” Ho un intimo ricordo di Parigi molto intenso. E di Lucerna.

Qual è l’accessorio fondamentale per un uomo e per una donna.

Non saprei. Una volta la donna, per esempio, usava i guanti, si puo’ dire, più per toglierli che per portarli su. Sono dettagli, piccole ricercatezze che, reintrodotte anche nel vivere quotidiano di oggi, darebbero tutto un altro fascino. E poi qualcuno insegni ai pochi uomini che ancora portano il cappello che questo si solleva, salutando una donna e si toglie entrando in un luogo chiuso. Anche il cappello, non capisco il motivo, è diventato un accessorio quasi solo da spiaggia.

Cosa non vorresti che un uomo e una donna indossassero mai.

Mi capita raramente di uscire dal mio mondo. E se lo faccio è per occasioni ufficiali che richiedono di per sé una certa formalità. Ho sbirciato talvolta dai finestrini della macchina. Detesto gli uomini in città con i pantaloncini corti e le donne con l’ ombelico scoperto. Troppi scempi si compiono in nome della praticità. Questo è solo volgarità. E poi la donna sia donna e l’uomo sia uomo. Questi uominicon borse, borsette, e tracolle. Tutti pinocchi. Io ho amato viaggiare nella mia vita e si possono immaginare i molti disagi che c’erano una volta. D’estate niente aria condizionata e d’inverno il freddo dei vagoni ferroviari. A bordo degli aerei passavano le coperte. Eppure si viaggiava sempre all’ insegna del buon gusto e dell’eleganza. Oggi  il turismo è di massa e per la massa. Le città d’arte prese d’assalto. E’ una indistinta mercificazione senza un vero e proprio orientamento. Tanto per fare. E poi sono dell’ idea che l’ arte non sia per tutti. Anche il ‘bello’ va ‘meritato’, prima ancora che goduto.

Tuo rapporto con la moda.

Discreto e rispettoso. Anche in questo Roma, in maniera meno appariscente forse, ha rappresentato un punto di riferimento già dagli anni quaranta. Con sarti di alta moda anche meno noti al pubblico di quanto non siano state le pur eccellenti Fontana, Capucci, Valentino e Balestra poi. Una volta la moda la si viveva nelle case; c’erano le sartorie e il prèt-à-porter si creava tra le amiche appartenenti ad uno stesso ambiente. E molte sfilate avvenivano nel circoscritto delle case patrizie. Io ero arrivata anche a disegnarmi le scarpe, abbinando colori e materiali diversi che mi confezionavaun calzolaio di via della Scrofa.
Se dico “shopping” che cosa ti viene subito in mente?

Capri negli anni 40. E alcuni negozietti. Uno shopping spensierato, certo, ma sobrio e circoscritto. L’opposto di quello di cui ho il sentore oggi, troppo spesso sinonimo di manìae di compulsione.

Una volta le compere , fine a sé stesse, diciamo così,  non esistevanoe si acquistava ciò di cui si aveva bisogno. Anche perché il buon senso era un grande risorsa cui ricorrere, una sorta di limite preventivo, oltre cui non spingersi. La dimensione dell’eccesso ha corrotto anche l’aspetto legato al disimpegno e al divertimento. Il concettodei saldi poi è avvilente: orde di  persone che affollano e intasano le vie del passeggio per aggiudicarsi un capo, quale che sia, che riporti la firma dello stilista più in voga, con la ebete, volgare felicità di averlo col venti per cento di sconto!!

Il tuo rapporto con gli animali.

Ottimo. E’ un rapporto che si basa sulla assoluta reciproca onestà.

ll tuo piatto preferito?

Le crostate di frutta. La ricetta precisa non me la ricordo: sono decenni che non avvicino un fornello…

Pensa ad un colore? Perché lo hai scelto?

Il verde. E’ il colore della natura ed un colore che ho amato e che ho indossato molto. A dispetto del detto che dice: “chi di verde si veste a sua beltà s’affida”…..!

di Francesca Zweikampf

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