Premio Calvino XXVII edizione

Chiude il #Bando27 del Calvino, confermando l’andamento in crescita del Premio negli ultimi anni. Sono infatti moltissimi i manoscritti in concorso per la XXVII edizione, che quest’anno parte con il numero record di ben 800 partecipanti.

Il Premio, che da anni si è affermato nel panorama del talent scouting letterario nazionale, può contare un notevole numero di autori ormai affermati. E anche quest’anno saranno molti gli esordi di qualità selezionati dal Comitato di lettura. I primi mesi del 2014 vedranno l’uscita in libreria degli autori protagonisti della finale appena conclusa con alcuni dei più importanti ed interessanti marchi editoriali italiani. Ecco quali saranno gli attesi esordi dei finalisti della XXVI edizione:

Domenico Dara, Breve trattato sulle coincidenze – Nutrimenti

Andrea D’Urso, Nomi, cose e città Edizioni E/O

Marco Magini, Come fossi solo – Giunti

Francesco Maino, Cartongesso Einaudi

Simona Rondolini, I costruttori di ponti Elliot

Carmen Totaro, Le piene di grazia – Rizzoli

Testi complessi, di inconsueto valore e di indubbia originalità, a partire da “Cartongesso”, l’opera vincitrice, un’appassionata invettiva contro il degrado antropologico, paesaggistico e linguistico dell’odierno Veneto ex miracolato, che diventa simbolo dell’Italia tutta. Una scrittura nella quale i vari registri si fondono e si confondono in inedite forme espressive. Emergono termini e frasi dialettali, in “Cartongesso”, così come in altri due testi: “Breve trattato sulle coincidenze” e “Le piene di grazia”.Il primo, dal profumo d’antan, è l’opera sicuramente più lieve e garbata, percorsa da carsiche nostalgie. Un postino, cultore di cabalistiche coincidenze, cerca di intervenire nelle vite degli altri, alleviando sofferenze e favorendo amori, in un paesino calabrese un po’ fuori dal tempo.“Le piene di grazia”è invece un testo di notevole potenza drammatica e di azione condotta all’estremo. Parte da un fatto di cronaca nera e si snoda tra le efferatezze e l’”osceno” di una Puglia ostile e cupa, dove la criminalità si insinua nelle pieghe del quotidiano. Ne “I costruttori di ponti”la protagonista ‒ un perfetto esempio del complesso di Elettra: ama il padre e odia la madre ‒, figlia di un direttore d’orchestra, realizza dapprima una totalizzante immersione nella musica di Mahler, per poi annullarsi in una macabra esperienza lavorativa ‒ resa con icastica e allucinata evidenza ‒ in una macelleria industriale. È uno gigolo, un professionista del sesso, il personaggio principale di “Nomi, cose e città”. Suo tratto distintivo, la smagata sprezzatura, una malinconia verso un passato che riaffiora a intermittenza attraverso il gioco infantile cui allude il titolo. Donne mature, più o meno abbienti, lo vedono come lo strumento per realizzare i loro inconfessati desideri o magari semplicemente il loro inconfessabile desiderio di affetto. “Come fossi solo” ci precipita nell’incubo del massacro di Srebrenica, raccontato da tre personaggi: un giudice del Tribunale penale internazionale, un soldato olandese del contingente ONU, un miliziano serbo-bosniaco. Riuscitissima la rappresentazione della violenza etnica, cui tutti sembrano destinati a subordinarsi, in un vortice di ataviche pulsioni e di cedimenti della volontà.

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