Sergei Grinko autunno inverno 2012-13

Avere l’opportunità di vedere e toccare abiti che sono andati su una passerella è sempre una grande emozione e lo è ancora di più se il fashion designer in questione è il giovane e talentuoso Sergei Grinko.

La sua sfilata autunno / inverno 2012 – 2013 dello scorso 28 febbraio aveva creato in noi grande curiosità per molti motivi, in primo luogo, naturalmente, per la meraviglia suscitata dagli abiti, vere e proprie creazioni piene di magia, suggestione, fascino.

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Altro motivo di curiosità era stato l’allestimento che prevedeva la presenza di manichini opera dell’artista Marcello Gobbi, fatti sedere qui e là in prima fila come spettatori silenziosi e congelati in pose plastiche, interamente ricoperti di gocce di silicone che sembravano zucchero cristallizzato.

Benedetta Barzini in Sergei Grinko

E poi c’era stato il fatto di aver fatto sfilare due personaggi di grande spessore, speciali ognuna in modo diverso, volendo quasi agli antipodi tra loro: da una parte la meravigliosa Benedetta Barzini, classe 1943, con una lunga carriera come musa, modella e giornalista, amica di Salvador Dalí e Andy Warhol; dall’altra la giovane Viktoria Modesta, cantante e modella di origini lettoni, splendida e nemmeno lontanamente limitata dall’amputazione sotto al ginocchio della gamba sinistra, amputazione subita nel 2007 a causa di annosi problemi risalenti ad un incidente subito alla nascita per la negligenza dei dottori.

Viktoria Modesta da Sergei Grinko

Viktoria ha anche concluso la sfilata esibendosi in un suo brano: le sfilate di Sergei, insomma, sono delle vere e proprie performance.

Anche il pubblico era stato sfaccettato e variegato: da Carla Gozzi a Luisa Corna, da Natasha Stefanenko alla contessa Pinina Garavaglia.

Fino a settembre 2011, Sergei aveva sfilato nell’ambito del progetto NUDE della Camera della Moda: sfilare da solo rappresenta il segno di una forte crescita. La collezione si chiama “Le mele che cadono nel cielo”: Sergei è affascinato dalle teorie esoteriche di Vadim Zeland, noto per il “transferring reality”, la migrazione da un ramo della realtà ad un altro. Riassumendo (non ce ne vogliano Sergei e Zeland) la teoria è che qualsiasi cosa accada non è bella o brutta, triste o felice, di per se stessa, ma lo diventa in base a dei connotati soggettivi che noi attribuiamo loro. Ciascuno di noi sceglie: sta a noi attribuire ad un fatto una valenza positiva o negativa, con gli effetti che ne conseguono.

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Questa linea di demarcazione tra positivo e negativo insieme all’opera di Alexander Rodchenko (pittore, fotografo e grafico russo della prima metà del Novecento) vengono riprese e reinterpretate da Sergei e quindi tradotte negli abiti attraverso tratti neri che percorrono e segnano parti, interrompendo o congiungendo pezzi dello stesso materiale o al contrario di materiali differenti, a seconda – come sostenuto da Zeland – che si dia l’una o l’altra connotazione positiva o negativa.

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Ne conseguono anche geometrie eleganti e definite e tagli precisi. L’ispirazione, molto femminile, è quella degli anni ’40, pienamente manifestata dalle forme classiche dei cappotti e dai vestiti sofisticati con il punto vita ben in vista. Ci sono poi piccoli e grandi aerei che diventano spille, collane, orecchini ed ornamenti per borse e richiamano in pieno quel periodo appena successivo alla fine del secondo grande conflitto mondiale, periodo carico di aspettativa e di desiderio di ricostruzione.

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Altri elementi fortemente distintivi della collezione sono le cinture, le cerniere applicate sulla superficie dei capi, i grandi bottoni gioiello ed altri elementi applicati in policarbonato e poi ancora borse e corsetti ricoperti con gocce di silicone lucido nero, ancora una volta realizzati in collaborazione con quel Marcello Gobbi creatore dei manichini della sfilata. Tutti questi elementi sottolineano l’effetto 3D, caratteristica centrale di tutte le collezioni di Sergei: basti pensare alla collezione primavera / estate 2012, dove fantastiche creature si arrampicavano sugli abiti a formare spalline da sogno o gioielli fantasmagorici, rendendo le modelle un mix tra sirene e creature venute da mondi lontani.

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I colori vanno dal beige, al vinaccia, al verde, al nero: per la prima volta Sergei usa il kurabo, ossia il blu denim giapponese. Interessante anche la proposta di un’intera linea di legwearing creata in filati pregiatissimi e che riprende lo stesso tema e le stesse stampe esclusive della collezione.

Oltre ad ammirare la collezione, abbiamo avuto l’opportunità di chiacchierare con Sergei, che oltre ad essere talentuoso, si è rivelato un ragazzo molto simpatico, affabile, alla mano, vivace.

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Ci ha raccontato di essere nato in Russia e di aver vissuto e studiato a Londra. Vive in Italia da 2 anni e ha imparato a parlare l’italiano conoscendo le persone e parlando con tutti: in azienda, ci spiega, non gli mancano le occasioni per parlare con tante persone.

Ci ha raccontato che una cosa che gli piace molto è l’idea che l’energia che lui mette nel creare i suoi abiti verrà in qualche modo trasmessa a chi li indosserà. E che gli piace cambiare ed andare sempre avanti: dopo il suo ultimo show, gli sono state proposte molte altre performance canore, ma lui pensa di cambiare, di andare oltre, di offrire ancora qualcosa di nuovo e diverso per la sua prossima sfilata. Mai ripetere, ci dice!

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Accarezziamo insieme un bellissimo abito in seta e lana cotta e lui si illumina nel spiegarci quanto gli sia piaciuto sposare questi due materiali, uno così ricco e l’altro povero, sempre nell’ambito del discorso di interruzione e congiunzione di materiali diversi.

E poi ci parla pieno di ammirazione di Viktoria, di quanto fosse pesante l’abito che lei indossava, col corpetto interamente coperto dalle gocce di silicone, e ci racconta di come la bella modella sia orgogliosa e di quanto non tema affatto di sfidare la sua mutilazione. Lo spacco dell’abito era proprio sulla sinistra, ma Viktoria l’ha portato orgogliosa e senza alcun timore mostrando la sua protesi.

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Saremmo stati a parlare per ore con questo ragazzo vulcanico. Il suo entusiasmo è a dir poco contagioso. Resta così, caro Sergei.

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E sappi che la tua collezione, vista da vicino e toccata, è stata all’altezza della nostra curiosità originaria, anzi, è andata ben oltre!

Ce ne andiamo con la nostra mela rossa, un simpatico ed originale cadeau in omaggio al nome della collezione, pensando a cosa mai avrà in mente Sergei per stupirci ancora con la sua prossima collezione.

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Ringraziamo sentitamente Mara Terenzi ed il suo fantastico staff e Roberta Simone di Atelier ABC Mannequins. Grazie a tutti per l’accoglienza e per il tempo dedicatoci.

E. Pirre’, Milano, Viale Bianca Maria

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