Maria Antonietta Venturi Casadei pittrice bolognese

Ha cominciato a disegnare quando era ancora una bambina, seguendo gli insegnamenti e le passioni paterne; anno dopo anno ha scandagliato l’arte figurativa producendo decine e decine di opere.

Oggi Maria Antonietta Venturi Casadei è una pittrice bolognese affermata che ha già allestito diverse mostre, spaziando dai ritratti alle nature morte fino ai paesaggi, con una particolare attenzione per il nudo femminile. Ma il suo percorso artistico non è affatto terminato: al contrario, Maria Antonietta è pronta per cominciare una nuova esperienza che la condurrà a rivedere il tocco della sua mano, seguendo i confini di un’arte sempre più sfumata, leggera, soave.

Da quanti anni dipinge?

“Si può dire da sempre, perché sono cresciuta in una famiglia con una grande passione per l’arte, la musica e la letteratura. La nostra casa era spesso frequentata da pittori, inoltre mio padre mi portava a spasso per chiese: si partiva la mattina in direzione di Firenze, si entrava in chiesa, ci si sedeva davanti a un quadro e poi lui me lo leggeva. Ai compleanni mi regalava delle scatole bellissime di colori e pastelli, dopodiché la sera mi insegnava a sfumare il colore”.

Come mai si è sentita attratta in particolare dall’arte figurativa?

“All’inizio disegnavo soltanto per un piacere personale, quasi terapeutico: mi sentivo bene quando avevo in mano un foglio con dei colori, perciò facevo ciò che mi sentivo. In un certo senso ci sono scivolata dentro piano piano. Ho fatto pratica da autodidatta, anche se c’è stato un professore che mi ha seguita e consigliata. Ho studiato i grandi pittori del passato, imparando molto dai miei errori. La mia non è mai stata un’arte informale e teorica, che mette al centro della tela un concetto e lascia al fruitore il compito di finirlo. Il figurativo fa l’esatto opposto, segue un percorso interiore che richiede tempo per essere sedimentato. Il gesto sulla tela è soltanto la parte finale, in cui io trasmetto la mia emozione”.

Da dove parte di solito l’idea di un quadro? Da dove trae ispirazione?

“Mi piace molto la sfera del femminile, forse per il fatto che io provengo da una generazione piena di tabù, di cose da nascondere che non si potevano fare. Guai ai nudi! Per me oggi poterli dipingere è una liberazione pazzesca, la possibilità di proiettarsi in un’altra epoca e in un’altra mentalità”.

Usa delle modelle?

“A volte sì, in generale mi piacciono molto i capelli biondi o rossi, gli occhi verdi e le mani, come pure lo sguardo. La pittura, al pari della poesia e della scrittura, è una passione che non ha limiti né confini. Quando mi siedo davanti alla tela faccio silenzio dentro di me e penso a che cosa mi piacerebbe mettere su quel quadro, quali sensazioni”.

C’è un’opera a cui è particolarmente affezionata?

“Il ritratto di mia figlia a grandezza naturale, con un angelo che l’abbraccia. È un quadro che adesso lei tiene a casa sua e non è in vendita. Tutte le volte che faccio una mostra me lo chiedono, ma io l’ho dipinto per mia figlia e non voglio darlo via”.

Quando fa il ritratto di qualcuno, come si approccia alle persone che ritrae?

“Cerco sempre di conoscerle, di instaurare una connessione con loro. Tante volte le invitiamo a cena, facciamo una chiacchierata, degli schizzi. Ovviamente a me piace molto quando mi lasciano libera di interpretare a mio modo”.

Verso dove vanno i suoi nuovi interessi?

“Mi piacerebbe fare una serie di adolescenti, di giovinette e poi delle nature morte ridondanti, piene di ceramiche, come andava di moda nel passato. Nei paesaggi tendo sempre a metterci dentro una figura. Secondo me il paesaggio più bello è il viso delle persone, gli occhi, lo sguardo, il sorriso. Al momento mi interessa molto il pastello, lo trovo rilassante e delicato. Nei prossimi quadri che farò cambierò un po’ la tavolozza, rendendola più leggera. Non mi interessa più il contrasto violento come era una volta, al contrario vorrei esplorare tinte candide e linee più sfumate”.

Concludiamo con il nome di due o tre pittori che la emozionano particolarmente.

“Guido Reni in primis: l’ho studiato molto e dopo aver visto un film su di lui sono stata per dei mesi senza toccare i pennelli. La sua arte è talmente bella e magica che, dopo averla studiata, dipingere mi sembrava quasi un oltraggio. Però poi quando ho ricominciato avevo qualcosa in più. E poi, ovviamente, Caravaggio, Tiepolo e Boldini”.

Per approfondire: www.venturicasadeiarte.com

di Chiara Giacobelli

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