A BTO11 i musei diventano smart grazie alla tecnologia

Abbandonate lo stereotipo del museo come luogo di mera contemplazione dove la regola era “non toccare!”. Preparatevi ad un “viaggio avventuroso”, all’interno di luoghi completamente nuovi, dove azione e interazione saranno le chiavi per una nuova scoperta e per una fruizione culturale più dinamica, efficace e divertente.
Questi i temi al centro del panel in programma il 21 marzo a BTO11 (Firenze, Stazione Leopolda) intitolato “Smart Museum”. Nell’incontro verranno presentati esempi di musei nati dalla contaminazione tra creatività, nuove tecnologie e processi di innovazione manageriale, e tutti realizzati da una nuova generazione di creativi-
Una nuova realtà si potrà vivere attraverso la piattaforma Lumen-Mixed Reality Storitelling, del giovanissimo interaction-design indiano Arvind Sean – vincitore del Palyable Museum Awards. Grazie ad un nuovo device altamente tecnologico che gioca con il design vintage di una vecchia torcia, il visitatore si addentrerà in una storia tutta nuova. Il fascio di luce illuminerà frecce, indicatori e puntatori che disegneranno un percorso, indirizzandolo verso alcune aree del museo, dove Lumen inizierà a raccontare una storia, una per ogni opera presente nel museo, una per ogni spazio.

Il visitatore inizierà così un percorso interattivo, dove ogni suo gesto sarà un input a cui seguirà un momento narrativo che porterà un coinvolgimento sempre crescente. Per esempio se si vuole scoprire una scultura, Lumen proietterà un volto sull’opera che racconti e spieghi la volontà dell’artista. Potrà illustrare la genesi dell’opera stessa, quale è stata la volontà dell’artista nel realizzarla. Inoltre, la grande novità della tecnologia proposta da Lumen è quella di sovrapporre allo spazio fisico esistente una narrazione attraverso una digital fiction che, prima nel suo genere non ha bisogno di schermi. Il visitatore così non sarà isolato all’interno di un visore, ma potrà condividere l’esperienza che sta vivendo. Un primo contatto con questa nuova tecnologia sarà possibile grazie al Museo Marino di Firenze, primo museo in Italia che collaborerà con il team di Arvin Sanjeev.
L’orizzonte della multimedialità applicata alla museologia si spinge ancora oltre con il progetto Past of Future, videogame del Museo Archeologico Nazionale di Taranto, voluto dal Mibac e dalla direzione dello stesso MArTA di Taranto e che oggi vuole essere il simbolo della rinascita della città. Il connubio che sino a pochi anni fa poteva sembrare sopra le righe, in una dicotomia tra cultura alta e bassa, di accostare un Museo ad un Videogame, oggi trova un’applicazione perfetta, partendo da due presupposti: il primo è l’idea che il videogame può essere considerato a tutti gli effetti un’espressione artistica contemporanea. Molti videogames oggi raggiungono una perfezione grafica, hanno una ricerca filologica e esprimono una poetica – basti pensare ad Assassin’s Creed – degni di una grande opera d’arte. Il secondo presupposto è che il linguaggio del videogioco può valorizzare e facilitare la scoperta e la conoscenza di un luogo. In questa chiave Past of Future si dimostra uno strumento perfetto. Grazie alla sua grafica e al suo storytelling sarà possibile percorrere un viaggio da Londra a Taranto, alla ricerca di una misteriosa donna scomparsa. Il giocatore sarà portato a fare scelte e a prendere direzioni diverse, percorrendo una storia dal finale aperto che lo porterà a scoprire i tesori del MArTA. Nel suo percorso di esplorazione il visitatore potrà ammirare la Taranto colonia spartana, fino alla Taranto Tomba degli Atleti, in un percorso di crescita individuale che tramite il gioco si fa cultura della memoria.
Tra i progetti multimediali presenti a BTO11 uno ha il merito di cambiare decisamente la fruizione dei documenti storici, togliere la polvere dallo scaffale e gettare una luce nuova, che ravviva le storie ed il passato, avvicinandole al visitatore consegnandoci i loro insegnamenti: Il Cartastorie. Il progetto, diretto da Sergio Riolo per il Museo dell’Archivio Storico del Banco di Napoli, ha il merito di trasformare, grazie alla multimedialità, i circa 80 chilometri di carte, di documenti, conservate in 330 stanze, la cui fruizione da parte del pubblico era praticamente impossibile, in un viaggio tra suoni, voci, colori e immagini, che ricostruiscono centinaia di storie conservate e potremmo dire imprigionate, sino ad oggi, nella cellulosa. E’ così che questo progetto restituisce ai visitatori uno spaccato profondo ed importante di 500 anni di storia del Mezzogiorno d’Italia. Il museo cambia volto, i suoi spazi si rinnovano e i suoi tempi divengono i tempi per una nuova narrazione della Storia, lo smart museum è sempre più il nuovo paradigma per una fruizione culturale e l’Italia si pone in prima fila per recepire le nuovi tecnologie ed integrarle al suo enorme patrimonio culturale e museale.
di A. Raffaelli

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